Mangiare meridiano
Proseguendo nellâanalisi âconcettualeâ di ciò che può essere o meno considerato tipico, vi propongo un brano che allarga la riflessione alla cd. âDieta Mediterraneaâ, e alla sua reinvenzione in chiave nostalgica; una nostalgia che investe la tipicitĂ di certe produzioni locali, e che dĂ origine a tutta una serie di sagre e manifestazioni di carattere gastronomico.
Insieme alla Dieta Mediterranea, il brano in oggetto stigmatizza anche la retorica della dieta (intesa come modello alimentare esterno), vista come intruglio di solitudine, fretta e cibo pessimo, spesso causa di nuove malattie e di disturbi psico-fisici.
Una possibile risposta a questo tentativo di  omologazione alimentare rimangono la convivialitĂ e la lentezza meridiane.Â
LâATTUALITĂ DEL MANGIARE MERIDIANO
A partire dagli anni Cinquanta i calabresi si allontanano progressivamente dal tradizionale stile alimentare. Tutto oggi sembra mutato. I comportamenti alimentari oscillano tra rifiuto e recupero (a volte nostalgico e pretestuoso) del passato.
I cambiamenti dei consumi, modelli, valori, e rituali alimentari sono, in maniera paradossale, piĂš evidenti proprio in quelle iniziative e operazioni che si propongono di recuperare la cucina del passato, affermandone unâ acritica continuitĂ .
Esemplare âlâinvenzioneâ delle gastronomie regionali, dal momento che nel passato piĂš che diversitĂ regionali si riscontravano specificitĂ locali, allâinterno di una koinĂŠ alimentare meridionale e mediterranea. Sono pochi ormai i paesi calabresi dove, in occasione di feste o di iniziative turistiche e culturali, non si organizzano sagre o esposizioni di prodotti presentati sempre come tipici, locali, paesani, caratteristici, tradizionali.
Nessun alimento o piatto è stato dimenticato dalle iniziative celebrative del ânuovo folkloreâ alimentare. Sarebbe interessante disegnare una mappa delle sagre per cogliere senso e qualitĂ dellâinvenzione di tradizioni alimentari. Si può parlare di una vera e propria âsagra-invenzioneâ come dato costitutivo di un ânuovo folkloreâ. Ma vi sono sagre e sagre, come vi è recupero e recupero.
Alcune durano lo spazio di un anno, ubbidiscono a logiche strapaesane, costruiscono un rapporto retorico e inautentico con il passato; altre si pongono problemi dâidentitĂ , svolgono una funzione di aggregazione, di âvalutazioneâ del prodotto tipico, con notevoli risvolti economici e turistici. Spesso la continuità è reale in quanto lâalimentazione delle popolazioni si basa ancora in buona parte sulla produzione locale o regionale, talvolta sulla produzione e la conservazione familiare. Altre volte la continuità è inventata o mitizzata.
Un prodotto e un piatto tradizionale, preparati e consumati in maniera nuova, e collocati allâinterno di un âinsieme alimentareâ, di un menu non possibile nel passato, assumono oggi diverso valore dietetico, simbolico e rituale. Ă come se unâantica parola o unâespressione dialettale venisse inserita allâinterno di una diversa lingua.
Non è sufficiente citare i proverbi per far rivivere la cultura contadina; nĂŠ è pensabile proporre desuete ricette per resuscitare il gusto dellâautentica cucina del passato. Non basta ricercare le erbe spontanee o i legumi di produzione locale, o assaggiare il pane di castagna o di granturco, per pensare di mangiare come i contadini di una volta. Un fatto era mangiare cavoli e fagioli nellâarco della giornata, per lunghi periodi dellâanno, un altro è consumarli assieme alla pasta, a cui seguono carne, frutta, dolce e caffè. Un conto era mangiare le âerbeâ come unico piatto, un altro consumarle condite come semplice contorno di un abbondante e complicato pasto. Un conto è consumare oggi i salami allâinterno di un regime in cui è presente quotidianamente la carne, un altro era mangiarli quando la carne non câera. Spesso per esaltare inventiva e immaginazione alimentare del passato si dimentica la âfameâ a cui erano legate. Non si tratta di negare quella fantasia, si tratta di non confondere i comportamenti dellâoggi con quelli di ieri. Dobbiamo liberarci dalla tentazione del âfraticelloâ di storiella calabrese. Sazio di cotiche e altra carne di maiale, trangugiata con buon vino, andava in giro ad annunciare: tuttu lu mundu è frittuli (tutto il mondo è fatto di cotiche). Non è possibile assegnare agli uomini del passato la nostra buona, genuina, tradizionale cucina (ammesso che sia tale).
La scoperta, il revival, la nostalgia dellâalimentazione di ieri vanno compresi allâinterno del vasto e ambiguo interesse per la civiltĂ contadina, il folklore e le radici, che ha segnato profondamente la storia culturale e sociale dellâItalia e dei paesi occidentali nellâultimo trentennio. Le culture agro-pastorali prima negate dalla cultura osservante vengono mitizzate quando sono ormai scomparse, o hanno subito un irreversibile processo di erosione. Unâalimentazione legata a povertĂ viene idealizzata e riproposta dallâalto nel momento in cui non esiste piĂš, si è trasformata radicalmente, quando è ormai diventata qualcosâaltro. Come il folklore in genere, lâautentico folklore alimentare, una volta estintosi, non ha alcuna possibilitĂ di rinascere. Tutto ciò che viene proposto allâinsegna del tipico, del paesano, del caratteristico, del casalingo è quasi sempre âkitsch alimentare, paccottiglia di rigatteria cucinaria, che trova slancio e fortuna nella nostalgia del consumatore, orfano del passato, ignaro delle arbitrarie e cervellotiche mistificazioni perpetrate sopra il suo dolente e pungente desiderio di una mitica cucina genuinaâ confezionata dalle mani amorevoli di mamme e nonnine larvali e inafferrabili: anche a tavola, il recupero del passato diventa operazione disperata, al limite della necrofiliaâ (Camporesi 1995: 170).
La pretesa fastidiosa di recuperare forme alimentari scomparse diventa ribaltamento dello stile alimentare del passato. Lâaffermazione della tradizione, la sua concreta realizzazione, si trasforma paradossalmente in rovesciamento dei modelli e dei valori tradizionali, e quindi della tradizione stessa. Lâaffermazione della tradizione in contesti diversi cosâaltro è se non invenzione di nuove tradizioni? E cosĂŹ la convinzione di âmangiare alla maniera di una voltaâ comporta la fine delle antiche abitudini.
Non bisogna però dimenticare che la ricerca della genuinitĂ , della naturalezza, della freschezza assume spesso connotazioni oppositive nei confronti di modelli alimentari esterni, dei cibi ânon buoniâ, sofisticati, artefatti proposti dalle industrie alimentari.
Non tutto il passato, dunque, è morto, anche se ovviamente si è modificato. Molti elementi ci legano allâalimentazione tradizionale, Negli ultimi anni, ad esempio, lâeccessivo consumo di carne e lâabbondanza alimentare vengono messi in discussione proprio in nome di precedenti modelli vegetariani. Mangiare sempre carne è considerato segno di una nuova monotonia alimentare, nociva alla salute. Anche se il grasso è scomparso come condimento, le ami di maiale, fresche e conservate, continuano ad occupare un posto centrale nellâalimentazione dei ceti popolari. Salsicce e soppressate sono prodotti di lusso, prelibati, ricercati. Il pesce fresco arriva anche nei paesi di collina e di montagna, ma notevole resta il consumo di pescestocco e baccalĂ . I surgelatori, adoperati in maniera piĂš o meno generalizzata, garantiscono la conservazione dei prodotti locali con quella âfreschezzaâ che costituiva un valore dellâalimentazione tradizionale.
Persiste un significativo uso di salumi, formaggi, salse, sottoaceti, sottolii, legumi, ortaggi, cipolle, peperoncini, piante aromatiche, âfoglieâ al di fuori di una dieta non piĂš vegetariana. La combinazione pasta-erbe sembra un dato originale dellâodierna alimentazione dei meridionali. Il pane usato è quello di grano, talvolta quello âintegraleâ. Pane di granturco o di castagna sono considerati una piacevole e sporadica âstranezzaâ alimentare.
Di un compromesso tra passato e presente racconta il modo di intendere il corpo e la salute. La magrezza non è piĂš considerata segno di corpi affamati e denutriti. Il mito della magrezza come modello estetico e dietetico, dâaltra parte, non è unâinvenzione recente, ma ha una solida e definita tradizione nella medicina e nella cultura delle ĂŠlites occidentali (Barthes, in Brillat-Savarin 1978). La grassezza non rappresenta piĂš uno stato sociale desiderabile e invidiabile. E tuttavia ancora oggi è diffusa lâironia nei confronti delle diete e dei digiuni proposti dai medici, considerati ânuovi predicatoriâ. La dieta viene considerata una sorta di versione aggiornata e interessata della tradizionale ideologia del digiuno. Molta gente continua a dire e a pensare che âA tavola non sâinvecchiaâ. Mangiare insieme è ancora oggi segno di vicinanza; è una pratica diversa dal âmangiare in solitudineâ e in fretta della modernitĂ .
Lâattuale opposizione alla retorica della dieta (intesa come modello alimentare esterno), alla dietetica generalizzata, intruglio di solitudine, fretta e cibo pessimo, spesso causa di nuove malattie e di disturbi psico-fisici, è una forma di resistenza allâaffermazione di un mondo che sembra preparare la sua catastrofe. La convivialitĂ e la lentezza meridiane possono costituire una risposta a tentativi di omologazione alimentare. Le resistenze alimentari presenti in larghi strati della popolazione affermano la necessitĂ di una cultura e di una pratica senza le privazioni del passato, ma senza nemmeno la solitudine, le frette, le moderne forme di malnutrizione.
Le popolazioni, allora, da un lato si allontanano dal modello mediterraneo (vero o inventato che sia), dallâaltro lo evocano, lo rinnovano, lo rimpiangono e lo reinventano. Si può dire che le nuove disponibilitĂ alimentari e un nuovo stile di vita hanno comportato la fine di unâantica dieta. Ma si può anche dire che la cucina meridiana in quanto superamento di antiche privazioni, in quanto rapporto con la tradizione e sua reinvenzione, sembra affermarsi soltanto adesso. Le tradizioni e le culture alimentari della Calabria non sono qualcosa di statico, omogeneo, pacifico, ereditato una volta per sempre. Hanno a che fare con la storia, la fatica, la cultura, le tradizioni alimentari delle popolazioni del Mediterraneo.
Spetta alle genti che si affacciano su questo mare la decisione di uno stile alimentare e di vita che, in condizioni profondamente mutate, sappia tenere conto, senza mitizzazioni e chiusure, delle piĂš valide acquisizioni, elaborazioni e invenzioni che si sono verificate nel corso dei secoli e che appartengono, davvero, alla loro storia.
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Posted by admin on Ottobre 4th, 2007 filed in Spunti e Spuntini |