Ferran Adrià e la cucina concettuale
“Adrià non è Picasso. Picasso non sapeva cucinare, ma era senz’altro un grande artista. Che cosa è diventata l’arte oggi? Significa ancora qualcosa o non ha più alcun valore?â€
José de
Ferran AdriÃ
Questo scambio di battute a distanza tra il critico d’arte del Pais, e il cuoco più celebrato al mondo, paradigmatica della più generale querelle sulla ‘banalizzazione dell’arte’, ha origine da un invito che ha fatto quantomeno scalpore.
Parliamo di DOCUMENTA, considerato il maggiore evento d’arte al mondo, che tra i 130 artisti invitati per l’edizione di quest’anno ha incluso, per la prima volta, anche un ‘cuoco’, Ferran Adrià .
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Non è stato invitato perché è un cuoco, spiegano i curatori: “La sua è una pratica artisticaâ€. La sua è una ‘cucina concettuale’, ha influenzato un’intera generazione. E il ristorante El Bulli che si trova in Spagna, a Roses, è considerato un site-specific.
In molti si aspettavano foto dei suoi piatti, un video sul ristorante; altre speravano di poter gustare il suo risotto al pompelmo decorato con mousse di noce di cocco e sesamo bianco. Invece no. Lo stesso Adrià spiega: “L’opera esposta è il menù di El Bulliâ€. Roger Buergel, direttore artistico di Documenta si è arreso: il lavoro di un cuoco ‘è complicato come quello di un neurochirurgo, non può essere spostato’.
Così hanno deciso che ogni sera, per tutta la durata di Documenta, un tavolo per due sarebbe stato riservato nel ristorante catalano e due felici convitati, scelti da Buergel tra gli artisti e i visitatori della mostra, avrebbero fatto quell’esperienza estetica. “Gli mandiamo un taxi, li portiamo all’aeroporto, in aereo vanno a Barcellona, un altro taxi li porta al ristorante. E poi li riportiamo in aeroportoâ€, spiega Juli Soler, co-direttore di El Bulli.
E la cala Montjoi è diventata un padiglione di Documenta, a
In 25 anni Adrià non ha mai aperto un altro ristorante, evita la folla, apre solo sei mesi all’anno, e passa l’inverno a inventare la nuova ‘collezione’ di piatti a Barcellona. Ha pubblicato un catalogo ragionato delle sue opere con relative foto dei piatti, decisamente ascrivibili all’astrattismo di forme e colori.
Per chi fosse interessato ad altri dettagli, ecco i siti di Documenta e di El Bulli
www.documenta12.de             www.elbulli.comÂ
Ogni cinque anni, dal
-             L’organo consultivo di Documenta 12: una quarantina di esperti, di base a Kassel, si confronteranno sui Leitmotifs di Documenta, portando ognuno la propria visione del mondo. Secondo il direttore Buergel, un evento che vuole avere un’impronta politica come quello di quest’anno non può prescindere dall’educare il proprio pubblico e metterlo in relazione con le opere d’arte presentate. Locale e globale saranno dunque le due prospettive principali, non contrapposte ma dialoganti.
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L’immensa cucina di El Bulli sembra un laboratorio diviso in due spazi - uno per i piatti freddi e uno per quelli caldi - dove il maestro troneggia, circondato da una cinquantina di assistenti. Adrià coltiva la rarità dell’opera, e trovare un tavolo da lui è un’impresa. Il ristorante è circondato da un giardino minimalista, alla giapponese, cosparso di pietre piatte, grigie. «Venire da noi è un’esperienza artistica, molto più che mangiare dei piatti», dice.Duecento euro per un cena non sono molti in rapporto ad altri locali blasonati. Se c’è una cucina che evoca un’esperienza artistica è quella di Adrià . Come una mostra che segna lo spirito e il corpo, una sera a El Bulli è affascinante e conturbante. Non una cena, ma una prova dalla quale si torna stanchi e satolli ma anche cresciuti. La «visita» dura quattro ore e mezzo. Menù unico: trenta quadri (piatti) astratti. «La mia cucina è un evento che coinvolge tutti i sensi, il gusto e il tatto, la vista e l’odorato», dice il maestro. E l’udito, con lo sciabordio delle onde sulla spiaggia, che non si vedono ma si sentono. Come la sua cucina…. Il risultato disorienta, come può disorientare il quadro «Quadrato bianco su fondo bianco» del pittore russo Malevitch, del 1918. Il coltello e la forchetta lasciano il posto al cucchiaio, il bicchiere, le dita. Non c’è nulla da masticare. Niente pane, formaggi, carni, legumi propriamente detti. Invece, piatti liquidi, emulsioni, figure geometriche, spezie che affiorano, schizzano le ardite costruzioni, le congelano o le bruciano, fondono, colano in gola. Gli accostamenti più impensabili si annodano, come il peperone verde e la liquirizia. Quello che si vede contraddice quello che si gusta. Il nome di ogni «opera», annunciato dal cameriere, arricchisce la scoperta. Un’ostrica diventa succo meringato caldo dentro un bicchiere, i fritti ananas liofilizzati, la tavoletta di cioccolato è burro al pistacchio, i legumi una caramella, lo sgombro è glorificato da una mousse rosa. La lepre à la royale è la quintessenza dell’arte di Adrià : ridotta a una salsa nera, prima di rinascere in bocca.
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Posted by admin on Ottobre 7th, 2007 filed in Spunti e Spuntini |