Oltre il selfie
di Claudio Pastrone
Sono passati quasi 2500 anni da quando lo scultore Fidia avrebbe osato ritrarsi al fianco di Pericle tra i personaggi della Battaglia delle Amazzoni scolpita a bassorilievo sullo scudo dell’Atena Promachos , colossale statua fusa in bronzo che sorgeva fra i Propilei e il Partenone nell’Acropoli di Atene. Il suo gesto, riferisce Plutarco nella Vita di Pericle, gli sarebbe costata una condanna per empietà, alla quale sarebbe seguito il volontario esilio che lo condusse alla morte lontano da Atene. La situazione oggi è un po’ cambiata al punto che mai nella storia umana la rappresentazione di sé è così diffusa come negli ultimi cinque anni. La decisione dei produttori di applicare un obiettivo sullo schermo frontale degli smartphone ha contribuito in modo sostanziale allo sviluppo del selfie fino a renderlo il modo più diffuso per realizzare autoritratti. Spesso i selfie sono foto ricordo e, se postati su un social network, diventano l’affermazione della propria presenza in un determinato luogo e in un determinato momento. Si può far risalire all’introduzione della fotocamera frontale nell’iPhone 4, presentato nel giugno del 2010, l’inizio dello sviluppo di quel genere di autoritratto denominato selfie. La settimana dopo la presentazione dello smartphone della Apple, e senza averlo previsto, il Centro Italiano della Fotografia d’Autore inaugurava la mostra IO. Mi vedo così. Autoritratti fotografici. L’esposizione era suddivisa in quattro sezioni, una a inviti che raccoglieva una serie autoritratti di noti fotografi italiani contemporanei, una open che dava spazio agli appassionati di fotografia, una dedicata alle scuole e alla didattica ed una con immagini raccolte dal social network Flickr. A distanza di sei anni da quella esposizione le tre curatrici, Giovanna Calvenzi e Lucia Miodini, membri del Comitato scientifico del CIFA e Cristina Paglionico, direttrice di Fotoit, ci propongono un aspetto particolare dell’autoritratto autoriale. Autoritratto in assenza presenta i lavori di 18 autrici contemporanee e un outsider sull’uso del proprio corpo come base dell’elemento narrativo. Nel progetto della ricerca Giovanna Calvenzi scrive: “In anni recenti la pratica dell’autoritratto ha coinvolto intere generazioni di artiste ma l’attenzione si è spostata in prevalenza sul mondo al di fuori dell’Io, nel quale il corpo delle autrici viene prestato per raccontare altro da sé. Non è più lo studio diretto di sé stesse, della propria fisicità, dei propri sentimenti, che interessa alcune autrici, ma prospettive di riflessione più ampie nelle quali si potrebbe quasi parlare di autoritratti in assenza. Non è più Io mi vedo così, bensì “Questa è una storia che voglio raccontare e io ne sono protagonista occasionale“. I testi della Calvenzi e della Miodini, pubblicati nelle pagine che seguono, analizzano l’argomento sia dal punto di vista storico che teorico e ci aiutano ad approfondire un genere frequentato in modo particolare dalla fotografia al femminile. La riflessione continuerà il giorno dell’inaugurazione quando si svolgerà un incontro-dibattito tra curatrici e autrici per parlare delle opere esposte e delle motivazioni che le hanno fatte nascere.