Questioni di Famiglie
17 giugno - 03 settembre 2017
La famiglia in posa
a cura di Giovanna Calvenzi

Accettato il presupposto che i ritratti si fanno in due, fotografo e fotografato, qualche domanda e risposta preliminare.

Cosa vuol dire fotografare una famiglia in posa?
Cosa vuol dire mettersi in posa con la propria famiglia per farsi fotografare?
Vuol dire organizzare esteticamente l’immagine di un gruppo di persone.
Vuol dire verificare e ricreare per la fotografia sottili legami affettivi.
Vuol dire essere responsabili per un momento della messa in scena di un’organizzazione familiare.
Vuol dire superare le individualità per creare l’immagine di un nucleo collettivo in sintonia accettando la regia di un fotografo.
Vuol dire chiedere ai propri soggetti di recitare, interpretare un ruolo, a volte mentire.
Vuol dire recitare, interpretare un ruolo, a volte mentire.

Nella realizzazione dell’immagine fotografo e famiglia si confrontano, e ognuno persegue necessariamente un proprio intento. Il risultato è la fotografia di una famiglia in posa, ma spesso l’immagine è più veritiera di quanto lo siano le intenzioni delle parti in gioco.

La riflessione inizia quindi con una foto molto nota, la foto della famiglia reale italiana realizzata da Federico Patellani nel 1946 per la campagna elettorale monarchica in vista del referendum monarchia-repubblica. Una foto promozionale, quindi, nella quale manca una delle bimbe Savoia, che verrà poi aggiunta con un fotomontaggio. L’intento è suggerire l’idea di una famiglia felice, affidabile, che possa servire per la conservazione del regno al principe Umberto. Come sappiamo ha vinto la Repubblica e ogni membro della famiglia ha scelto un diverso itinerario. Poi l’autoritratto di famiglia messo in scena nel 1954 da Cesare Colombo nel quale il giovanissimo e ombroso autore, non ancora ventenne, posa con genitori e fratelli, ognuno dei quali sembra anticipare quelle che diventeranno poi le loro scelte esistenziali: fotografo, Cesare appunto, architetto, Fausto, professore universitario, Arturo, sopra i quali vegliano i due formidabili genitori, Augusto Colombo e Maria Sassi. E via via la sequenza si arricchisce di apparenti stereotipi nei quali il bisogno di affermare l’unità e il valore del nucleo famigliare vengono messi in discussione, a volte disattesi, da sguardi, vicinanze o lontananze studiate: la famiglia classica (Nino Migliori, Enzo Tollini), quella poliandrica tibetana (Michele Borzoni), quella televisiva (Lorenzo Maccotta), quella che finge di non essere in posa (Gabriele Galimberti e Stefano Giogli), quella allargata (Riverboom e Edoardo Delille) e quella ristretta (Costantino Ruspoli), quella desiderata (Settimio Benedusi), quella che gioca con i ruoli (Cesare Colombo e Paolo Ventura), quella al femminile (Toni Thorimbert) e quella al maschile (Gabriele Basilico), per arrivare infine a una foto di moda di Giovanni Gastel che strizza l’occhio alla famiglia multietnica, vera famiglia o famiglia di modelli non è dato sapere.