Italianskij
di Massimo Mazzoli
La cittadina di Kerch è situata all’estremo lembo orientale della Crimea, le prime presenze italiane qui risalgono all’impero romano, intorno al XIX° secolo il flusso migratorio si fece particolarmente intenso e alla nutrita colonia genovese si aggiunse un importante numero di emigrati pugliesi attratti dalla speranza di raggiungere una condizione di vita migliore. E così fu, per almeno cinquant’anni. Con la Rivoluzione d’ottobre del 1917 la comunità italiana, che contava oltre 5000 unità, venne coinvolta, suo malgrado, nelle complesse vicende del comunismo russo. I coloni vennero dapprima privati dei loro appezzamenti terrieri per dare vita, nell’ottica della collettivizzazione agricole, a cooperative obbligatorie denominate kolchoz/colcos. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la situazione precipitò. Gli italiani, colpevoli soltanto di essere tali, vennero accusati di essere spie nazifasciste e subirono un vero e proprio genocidio. «Era il 28 gennaio 1942 - racconta Giulia Giacchetti Boico, la presidente della comunità italiana della Crimea - Li imbarcarono sulle navi, come bestie nelle stive, al buio. Una nave naufragò ed il signor Ragno fu l’unico sopravvissuto. Il peggio, però, doveva ancora venire. A Novorossiysk gli italiani, che a Kerch erano 5mila, furono chiusi in carri bestiame, come gli ebrei dell’Olocausto». Oggi in Crimea vivono poco meno di 400 italiani che rivendicano, stante la grave crisi in essere tra Ucraina e Russia, almeno un cenno di solidarietà e protezione da parte dello Stato italiano ed un riconoscimento identitario che appare ancora lungi dal manifestarsi. Karl Mancini e Alessandro Lacchè conducono in questi luoghi un’indagine dalla forte connotazione sociale che ha l’obbiettivo di dare visibilità ad una tragedia pressoché sconosciuta all’opinione pubblica italiana. Immagini come frammenti, personalità imprecise, quotidianità confusa nel vuoto di un’appartenenza smarrita legittima e necessaria.
Biografia Alessandro Lacché
Classe 1983, è cresciuto e ha studiato a Roma, dove si è laureato in Relazione Internazionali e ha conseguito un Master di Scienze Diplomatiche. Da sempre attento alle dinamiche sociali, si forma come operatore partecipando a numerose esperienze nel settore. E’ proprio durante una di queste esperienze che comincia a fotografare quello che sarà il suo primo documentario, prendendo coscienza della possibilità di trovare un punto di genuina comunione tra i suoi studi e i suoi interessi per il tramite del fotogiornalismo. Dal gennaio 2014 è contributor di EchoPhotoAgency di Milano.
Biografia Karl Mancini
nel 1978 a Roma , cresce in Italia poi si trasferisce a New York per specializzarsi negli studi. Comincia a viaggiare nel 1997 e ad occuparsi del sociale scrivendo testi focalizzati su temi come il lavoro minorile e la violenza contro le donne e collaborando con organizzazioni umanitarie no-profit. Negli ultimi 15 anni ha visitato più di 70 paesi, affiancando al suo percorso nel sociale la passione per la fotografia di reportage e il fotogiornalismo. Ha studiato fotografia a Roma. Tra il 2009 e il 2013 ha esposto i suoi lavori in India, Sud America e Sud-Est Asiatico e nel 2014 al festival Fotoleggendo di Roma. Dal gennaio 2014 è contributor di EchoPhotoAgency di Milano.