Sezione Scuole
di Andrea Galvaruso
Quando mi ritrovo ad osservare un ritratto, sia esso pittorico o fotografico, mi chiedo ripetutamente: perché siamo attratti dalla rappresentazione di altre persone? Cosa, come individui, ci spinge ad osservare l’altro? Nell’osservare qualcuno che ci è estraneo, immobile e impassibile, veniamo spinti al confronto: quella persona ed individuo, diventa sensazione ed emozione che assorbiamo e facciamo nostre. La tristezza che aleggia in uno sguardo, la felicità di un sorriso sincero, la paura che ricade suspalle ricurve, sono tutti fili che caratterizzano la trama e l’ordito del nostro essere umani, essere individui. Il confronto nasce quando riusciamo a fare nostre quelle sensazioni e ci immedesimiamo in quel che ne deriva: è in quel momento che un ritratto di uno sconosciuto, diventa uno specchio. Intravediamo attimi congelati di una sensazione che riportiamo dentro di noi, qualcosa che nonostante sia ignoto ed esterno, ci condiziona ugualmente e diventa parte del nostro essere. Questo ragionamento può essere riportato a qualsiasi soggetto o situazione: non sono solo le persone a riportarci alla mente delle sensazioni, ad aprire delle finestre sul nostro essere a volte possono farci vedere con chiarezza chi siamo, altre ci portano a mettere in dubbio quello in cui crediamo. Su queste note gli studenti dell’Istituto Italiano di Fotografia di Milano hanno strutturato dei progetti introspettivi e riflessivi, hanno scavato nel loro essere per estrarne le sensazioni più forti e tramutarle in immagini. Con le fotografie di Giovanni Borgia, diventiamo passeggeri di un treno in continuo movimento, dal suo finestrino scorgiamo attimi fuggenti del mondo che ci circonda: un susseguirsi rapido che ci rende spettatori inermi, lasciando il tempo di ritrovare noi stessi in una calma apparente. Le crepe che si formano nella vita di ognuno di noi, le difficoltà che ci affliggono e il desiderio di rinascita sono le sensazioni che riviviamo nel mondo offertoci da Benni Giammari, che con le sue immagini delicate ed estremamente potenti ci porta a riflettere su quello che stiamo affrontando e su quello che siamo in realtà. Nella quotidianità e nella sua apparente semplicità, Giorgio Garzella si sofferma sul peso degli oggetti e delle persone che li utilizzano, analizzando il rapporto che la nostra mente crea e i ricordi che formula con questo legame. Gli oggetti e i volti del suo lavoro diventano vettori di storia e di emozioni che risvegliano il nostro io più profondo. Con le fotografie di Alice Re veniamo trasportati nella sfera più profonda della ricerca di sé stessi: il ciclo di vita e morte, seguite dalla sfera della rinascita e del rinnovamento costante. Niente spaventa più dell’ignoto e provare ad approfondirlo è stata la chiave di lettura dell’autrice. Anche nelle fotografie di Stefano Frighi vediamo la fragilità e la resilienza, che ponendo l’analogia tra luoghi abbandonati e il significato di alcuni specifici fiori, ci guida verso, e attraverso, un percorso volto alla rinascita dell’individuo sul piano psicologico: le difficoltà che la vita ci pone possono essere risolte e con la forza che risiede in ognuno di noi e il legame che ci unisce uno all’altro, possono portare a risplendere nuovamente. In conclusione, le opere in mostra realizzate dagli studenti di IIF sono la riprova di quanto detto all’inizio: che tutto quello che ci circonda, dalle persone agli oggetti, ha il potere di suscitare emozioni e sensazioni fortissime, di farci riflettere e di proiettare la nostra mente in un viaggio interiore volto a conoscerci meglio, sia come individui che come esseri umani.