Portfolio Italia 2023
25 novembre 2023 - 08 gennaio 2024
Veronica Lai
L'Accabadora

di Massimo Agus

Il termine accabadora deriva dal sardo s’acabbu (la fine), con questo nome era chiamata una donna che si incaricava di porre fine alla vita di malati senza più possibilità di essere curati, su richiesta dei familiari o dello stesso malato; una sorta di eutanasia arcaica.
Anche se molti antropologi hanno sollevato dubbi sulla reale esistenza di una persona con questo compito, questa figura ormai appartiene alla cultura tradizionale della Sardegna, e si situa in quella terra di mezzo, al confine tra realtà e immaginario, dove sopravvivono i miti e dove verità e leggenda si confondono. Questo mito in effetti risulta molto affascinante e smuove suggestioni e riflessioni che anche oggi coinvolgono, e che rendono l’accabadora protagonista di storie che riflettono il complesso passaggio tra antico e moderno. Per quanto leggendaria, questa figura può diventare uno strumento per affrontare tematiche attuali, quali il rapporto con la morte e l’eutanasia, come ha dimostrato Michela Murgia con la sua evocativa narrazione. 
L’accabadora è il punto di partenza anche per il progetto di Veronica Lai. L’Autrice ha voluto approfondire il contesto storico e culturale da cui si sviluppa questa leggenda, creando un portfolio che si muove tra passato e presente, tra la rappresentazione del mondo religioso e agro pastorale della Sardegna, e una sensibilità odierna che cerca risposte alle domande complesse della contemporaneità. I riferimenti ad un passato ancestrale affiorano attraverso la risonanza generata da immagini legate allo stile del neorealismo, ad un’epoca di consapevolezza antropologica che vedeva nella religiosità popolare un profondo legame con la terra e le tradizioni del passato. Ma il realismo lascia il compito di approfondire ulteriormente ad un altro linguaggio, e nella sequenza del portfolio si inseriscono immagini frutto di una ricerca di metafore che le storie della tradizione (siano esse vere o frutto di immaginazione) proiettano sul presente e sul nostro sentire, scavando nelle suggestioni simboliche dei sentimenti archetipici che emergono dal profondo. E così l’eco delle tradizioni si amplifica per rinnovarsi alla luce di un racconto che procede in modo ellittico e frammentario, con un linguaggio essenziale e pieno di sottintesi, dove non tutto deve essere detto ma molto deve essere intuito con l’emozione e l’identificazione. La retorica della brevitas, propria della cultura orale sarda, agisce non solo nella concisione complessiva, ma soprattutto come sobrietà e incisività delle immagini
. Veronica Lai vive essa stessa a cavallo tra tempi e realtà diverse, e con il suo lavoro si affianca ad una lunga serie di opere (letterarie, musicali, cinematografiche, visive, teatrali) che prendono nutrimento dalla tradizione della terra sarda per andare verso un altrove, raccontando l’isola all’interno di una duplicità di sentimenti e di stili, costruendo ponti che si propongono di far dialogare un passato ancora potente ed imprescindibile, come la terra che lo ha generato, con un presente affascinante e stratificato dentro cui vivere senza abbandonarsi alla nostalgia. Un presente che però, al contrario del passato, pone soprattutto interrogativi, e spinge ad immergersi nella liquida corrente del suo divenire. Così le immagini si fanno elusive, misteriose, bisognose di attenzioni e produttrici di domande senza risposte certe. 

Biografia

Veronica è nata in Sardegna nel 2002. Dopo aver conseguito il diploma al Liceo linguistico Benedetto Croce di Oristano, si trasferisce a Firenze per studiare alla Libera Accademia di Belle Arti nel corso triennale di fotografia. Ha partecipato all’VIII Biennale dei Giovani Fotografi Italiani di Bibbiena. I suoi progetti si concentrano principalmente nel racconto della Sardegna e di coloro che la abitano, ricercando nella sua cultura e nelle sue tradizioni le storie più nascoste, leggendarie e, spesso, tramandate oralmente dagli anziani. Con i suoi progetti cerca di condividere nuove visioni e punti di vista del passato. Utilizza tali racconti per parlare di temi contemporanei e contraddittori, così da rappresentare la Sardegna in un modo innovativo e non primitivo, nella sua profondità. Mostra dunque forte interesse per i temi sociali e le comunità, specialmente se poco rappresentate. Mantiene un approccio documentario ricercando, sempre all’interno della cultura sarda, linguaggi metaforici. Utilizza spesso fotografie d’archivio per mostrare visivamente al meglio spazi temporali lontani e contesti che non potrebbero più essere rappresentati, se non tramite la messa in scena.