Comfort Zone
di Lorenzo Cicconi Massi
Valeria Sanna ha un legame viscerale con la sua terra da cui vive lontana ormai da molti anni.
La Sardegna e il piccolo paese in cui è cresciuta ed ha abitato fino a 24 anni, sono parte indissolubile del suo pensiero, del suo
essere, della sua fisicità, e, adesso, della sua fotografia.
Chi vi scrive conosce poco o nulla di questa grande isola e il mio stesso non sapere mi consente di leggere queste immagini caricandole di significati e di suggestioni che mi portano a desiderare di essere lì, attento alle voci che sento nascere dentro, frutto della forza che questo bianco e nero riesce a trasmettermi.
L’autrice scrive: “La Sardegna sa essere dura, come una madre, come quelle madri che per proteggerci ci raccontavano storie spaventose, come quella de Sa mott’e funtà (o Marai farranca) che ci avrebbe sicuramente afferrati e portati giù nel pozzo se solo ci fossimo affacciati e riflessi nell’acqua.
O quando ci consigliavano di non uscire a giocare nelle ore più calde dei pomeriggi estivi perché avremmo certamente incontrato Maria Solliana, una vecchia signora con la scure in mano pronta a farci del male“.
Questo lungo viaggio, immagino appena iniziato e in costante divenire, a ritroso nel tempo e nelle pieghe dell’anima, ci porta alla dimensione dell’infanzia senza mai mettere in scena un bambino.
L’autrice percorre le strade con apparente casualità, esplora la notte, alza gli occhi su un cielo stellato per poi discendere fino alle pupille di un maiale.
Tutti i soggetti rappresentati sono ammantati dal buio e dal mistero, sembrano essere lì da sempre, incuranti della presenza dell’uomo che non riesce ad esercitare il suo controllo.
Sentiamo la presenza ancestrale delle storie tramandate per via orale, delle leggende che entrano nella testa di un bambino e che guidano il suo gioco.
Il titolo, oserei pensare provocatorio, la “comfort zone” nella quale ognuno è imprigionato e vittima di sé stesso, finisce risucchiata dai neri profondi della notte della stessa profondità dei segreti e delle leggende che si tramandano nelle generazioni e che creano una sorta di inconscio collettivo e di filo rosso che unisce e radica con forza ogni persona a questa terra.
Ed è esattamente questo filo rosso che rinsalda il legame con le proprie origini, perché svela l’esistenza di una connessione spirituale fra uomo e luogo di nascita e poi di crescita.
Potremmo pensare che non per tutti sia così: in effetti una nuova dimensione la si trova se prima la si cerca, o ancor meglio se si ha l’esigenza di cercarla.
L’apertura roboante sul groviglio di interiora e invece la mesta chiusura sull’esterno della casetta sono metafora del percorso interno/esterno, spirito e corpo, alla ricerca di risposte sui punti cruciali dell’esistenza: il senso della vita, la ricerca continua dell’Assoluto, del sacro, del trascendente attraverso un flusso costante di memoria.
In questo senso anche la sua intima Sardegna puo` diventare la nostra terra, fino a sentire di averci sempre vissuto.
Biografia
Valeria è nata a Mogorella, Oristano nel 1987.
Studia fotografia presso la scuola CFP Bauer a Milano dove vive e lavora.
Sin da giovane appassionata di fotografia, mezzo che usa per esprimere e raccontare con il suo occhio e il suo cuore il mondo che la circonda.
La macchina fotografica la usa come penna per descrivere ed interpretare le sue emozioni, mettendo al centro la ricerca di sé. Attualmente la sua ricerca fotografica si concentra sulla sua terra natia, la Sardegna, esplorando con il supporto di numerosi autori e opere della cultura sarda temi mitici e ancestrali che da sempre hanno caratterizzato l’isola e i suoi abitanti.