5ª Biennale dei Giovani Fotografi Italiani
17 settembre - 13 novembre 2016
Accademia di Belle Arti di Bologna
Sezione Scuole

di Paola Binante

“[…] Comme de long échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les pafums, les couleurs et les sons se répondent […]”
Correspondences (da Les Fleurs du Mal)
Charles Baudelaire

La realtà è vista come una foresta di simboli, meglio identificati come profumi, colori e suoni che si esprimono tramite i più svariati “linguaggi”. L’essere umano li percepisce e li decodifica attraverso i suoi cinque sensi. Per poter comprendere il reale, ciò che ci circonda, l’uomo utilizza i linguaggi non verbali, ma cosa accade quando i nostri sensi ci trasportano in un reale/non reale? Quando la percezione della realtà perde la sua funzione di dato oggettivo? I progetti che l’Accademia di Belle Arti di Bologna presenta in questa 5ª edizione della Biennale Giovani Fotografi si muovono sulla possibile ambiguità del linguaggio visivo, che utilizza la vista come veicolo o mezzo per poter comprendere l’informazione data. “Contaminazione” quindi, come equivocità visiva dove il dato reale legittimato dall’aura di fedeltà della fotografia, viene attraverso la stessa fotografia ribaltato della sua autenticità. La percezione della realtà perde la sua oggettività e pur mantenendo intatta l’ambiguità e il mistero dell’opera d’arte, lascia allo spettatore l’interpretazione finale. Michele Ambroni in “Primavera” ricerca una visione della natura simile a quella del nostro immaginario, con cromie forti e contrastanti. Nel creare questa “altra” realtà utilizza il micromondo dei vasi di fiori presenti nei giardini delle case trasformandolo in un macromondo naturale. Qui la percezione visiva entra in comunicazione con l’idea condivisa di natura. In “Requiem” Vanessa Lucchetti attua un processo di logica intellettiva organizzata in forma di pensiero e consapevolezza. Contamina l’ambiente naturale con elementi artificiali che un tempo ne facevano parte, ne traspare uno spazio tra realtà e finzione che impedisce la percezione del dato reale. Il progetto agisce sulla memoria individuale e collettiva. Aischa Gianna Müller in “Come in cielo così in terra” mette in scena un’esperienza sensoriale visiva. Con una evidente costruzione di elementi “naturali” nello spazio, ci proietta in un viaggio interiore ove l’immaginazione è sempre possibile, dove apprendiamo come perderci di nuovo nelle cose date per conosciute. Giuseppe Casalinuovo con “Luci Rosse” affronta il tema della sensualità e dell’erotismo, considerato un tabù nel mondo cattolico. Nella scultura di tradizione classico-cristiana l’autore ricerca punti di vista che, attraverso l’utilizzo di un filtro rosso, sottolineano una celata ambiguità. In questo progetto la contaminazione visiva si ibrida con la sensorialità. Con “Future, Future!” Matilde Cassarini pone due realtà a confronto; quella contemporanea e quella propagandistica delle riviste popolari anni ’50. La riflessione sulla cultura di massa si attua attraverso il cartellone pubblicitario, uno dei luoghi icona della comunicazione. È una ricerca sulla natura dell’informazione e la sua manipolazione attraverso lo studio dell’immagine e della sua sintassi, la sua morfologia, il suo lessico e la sua semantica.