Sezione Scuole
di Lucia Miodini
La contaminazione tra le tecnologie della memoria costituisce un terreno di ricerca particolarmente fertile, ed è, questo, uno dei possibili file rouge che collega tra loro i progetti che l’ISIA di Urbino presenta in occasione della Quinta edizione della Biennale Giovani Fotografi. Argomento centrale dei contributi proposti è l’analisi delle teorie e dei metodi della comunicazione visiva; l’atto fotografico diventa espressione di una cultura visuale che coinvolge strumenti e linguaggi differenti, benché articolati. Le autrici riflettono sulla portata metodologica dello stesso linguaggio fotografico: nei loro progetti fotografare diventa, così, un atto di consapevolezza critica verso la realtà e verso se stessi. Prevale l’interpretazione della nozione di contaminazione come combinazione di elementi tratti da diverse forme mediali. L’elemento che accomuna i diversi lavori è la presentazione in forma di libro, determinante per l’elaborazione del progetto fotografico. Non si tratta, infatti, di fotografie stampate in sequenza ma di vere e proprie operazioni visive integrate ai testi. Il libro è un prodotto unitario, un’opera complessa, non solo uno strumento comunicativo. Può essere considerato espressione dell’intermedialità, delle contaminazioni che si realizzano, sia sul piano espressivo che tematico, tra la fotografia e altri sistemi espressivi. D’altra parte il modello ISIA è da sempre caratterizzato dall’interdisciplinarietà dei corsi e dalla centralità che assume la progettazione grafica editoriale. Non si tratta soltanto di produrre immagini, bensì di ideare dispositivi grafici che consentano di visualizzare un certo modo di vedere, e, di conseguenza, di riflettere criticamente sulla realtà contemporanea. Le tesi proposte dalle studentesse del Biennio specialistico in Grafica delle immagini con indirizzo in Fotografia dei Beni Culturali, sviluppano ricerche fondate sulla contaminazione tra fotografia e grafica, in artefatti che si differenziavano per la complessità linguistica. Gli interventi affrontano, seppure in modo diverso, le interferenze tra i linguaggi, le contaminazioni e la trasversalità come tratti distintivi della progettazione fotografica. Cecilia Ripesi in “Annoverabili tra le cose” (il titolo cita Merleau-Ponty) sviluppa un’indagine sull’interazione del corpo con il mondo circostante, ponendo in discussione la referenzialità della fotografia. La soggettività è un processo critico complesso, stigmatizzato dalla mutabilità del proprio Io, che affonda le sue radici nell’analisi dei linguaggi visivi. Cruciale in questo percorso è la contaminazione tra il corpo e le strutture che lo sovrastano, tra l’immagine di sé e la pratica fotografica, inclusa quella intimista. Quanto all’approccio diaristico dell’atto fotografico si dimostra risolutiva la contaminazione tra diverse forme narrative. Ripesi mette a fuoco la contaminazione tra pratica fotografica e autobiografia, tra l’immagine del corpo e la realtà circostante, fatta sullo spazio quotidiano, tanto quanto sullo spazio del proprio immaginario. Caterina Iriti in “Rize Radici” interroga la contaminazione tra la costruzione della memoria e tracce del passato. Il luogo prescelto è Roghudi nel cuore dell’Aspromonte, abbandonato nei primi anni settanta, quando, dopo un’alluvione, la roccia che sosteneva il paese iniziò a cedere. Gli abitanti furono allora costretti a lasciare il paese e a trasferirsi sulla costa. La ricerca fotografica è condotta attraverso fotografie, immagini e il racconto orale dei testimoni. Memoria e identità, abbandono e tracce, rovine e radici, sono nessi dialettici che esprimo una riflessione sulla contaminazione e interazione tra storia immaginaria e tracce della memoria di un passato insepolto. Marianna Savarise, “1989-2015. Il Muro di Berlino, Ipotesi per una storia visiva” è un progetto che attraverso un complesso percorso di ricerca si incentra sullo studio di un archivio fotografico restituito in forma di libro. La memoria dell’evento è un denso tessuto di frammenti appartenenti a linguaggi fotografici diversi, cui Savarise aggiunge il proprio tassello. Il suo sguardo sulla realtà contemporanea, caratterizzata dalla contaminazione di culture visuali, apparati tecnologici, memorie di ideologie tramontate, dialoga con strutture narrative del passato. Simona Esposito, “Dune. Presenze Pose Icone. Mescolanze tra foto-cine-video”. Già il titolo fa riferimento all’accumulo e al ridimensionamento, alla mescolanza e contaminazione di elementi. Elementi iconografici e linguistici, in particolare. Valentina Ruggiero in “Sacra Bellezza” rielabora e contamina elementi dell’iconografia sacra e dell’iconografia mediatica. Si potrebbe pensare ad un’altra tavola di Mnemosyne, l’atlante figurato della memoria di Aby Warburg. Quando si studia l’evoluzione, i mutamenti delle forme iconografiche di parla, non a caso, di contaminazione; nel nostro caso non è significativa la trasmissione di un motivo iconografico da un’epoca a un’altra, da un contesto culturale a un alto, quanto l’iscrizione sulla propria pelle dell’iconografia. La contaminazione tra modello e copia avviene, dunque, nel corpo stesso, trasformato in immagine.