Un metro e venti
Testo di Leonello Bertolucci
Si cresce dentro ancor di più, quando non si cresce fuori. In questa sintesi dura ma reale c’è già tutta la storia e la vita di Tina. Ma andiamo con ordine: Tina nasce affetta da una forma grave di nanismo, e già a otto anni conosce ospedali, interventi chirurgici correttivi e lunghe degenze. Va avanti così ancora e ancora, mentre gli altri bambini giocano, corrono, vivono pienamente l’infanzia. Lei no. Dunque, i segni s’imprimono sul corpo e anche nell’anima. Quando arriva l’adolescenza, e con essa la piena consapevolezza della sua diversità, la sofferenza interiore si acuisce ulteriormente; a peggiorare la situazione c’è il fatto che Tina vive in un piccolo centro, dove è più difficile “mimetizzarsi” in qualche parvenza di anonimato. Col tempo, però, Tina si dimostrerà una combattente, senza gesti eclatanti, ma con costanza, alla conquista di una quotidianità centrata, tra accettazione, equilibrio, leggerezza e armonia, prendendosi cura di sé. Una storia tutta da raccontare che, come altre, in genere nessuno racconta. C’è distrazione, indifferenza, apatia, e poi “c’ho già tanti problemi...”. Tra i pochi che decidono di fare un passo per entrare nelle vite degli altri ci sono a volte i veri amici, altre chi fa volontariato, e in qualche caso... un fotografo. Le tendenze – a volte le mode – dell’odierno fotografare non spingono più verso la fotografia documentaristica, verso il reportage, verso la fotografia come finestra sul mondo. Più frequente è mettersi metaforicamente – e nemmeno troppo – davanti a uno specchio per fotografare il proprio ombelico. E visto che parliamo di specchi, allo specchio per vedersi e trovarsi Tina non arriva, come ci mostra chiaramente una foto della serie; dunque la finestra aperta su di lei dal lavoro di Delia Aliani si trasforma magicamente in un nuovo specchio dove finalmente Tina può riconoscersi e trovarsi, pronta a vivere con pienezza e forza pur nelle sue fragilità.