No hay
Testo di Marco Fantechi
C’è una linea sottile, invisibile, ma impenetrabile come un muro, che attraversa il nostro mondo, divide gli stati, separa le genti. È una linea di incomprensione oltre la quale non passano le parole. Così siamo tutti schierati da una parte o dall’altra nella convinzione di essere nel vero, dal lato della ragione e troppo spesso arriviamo a combattere e ad uccidere per quella che ci raccontano essere l’idea o la religione giusta.
Ma la logica è solo la ricerca di una supremazia economica e negli ultimi anni, purtroppo, lo spettro dei blocchi delle superpotenze si sta riaffacciando a terrorizzare il mondo. I signori della guerra stanno riprendendo la loro voce che alta si eleva a coprire il silenzio del dolore, della sofferenza e della morte.
Una di queste silenziose sofferenze si vive oggi a Cuba, una persecuzione che, in modi e forme diverse, può purtroppo essere riscontrata in tante altre realtà sparse per il mondo dove le ragioni economiche degli stati dominanti hanno calpestato le ragioni umanitarie di minoranze, comunità o intere popolazioni.
Simone Bacci, con il suo lavoro dal titolo “No hay”, ci racconta la triste realtà e le contraddizioni cubane dove la situazione economica e sociale è da decenni in continua transizione tra capitalismo e socialismo. Nel titolo, che tradotto dallo spagnolo significa “Non c’è”, sono le parole che la popolazione di quest’isola si sente ripetere costantemente quando cerca di reperire gli alimenti e i beni di prima necessità che lo stato dovrebbe garantire ad ogni nucleo familiare tramite l’utilizzo della tessera annonaria “libreta”.
Il lavoro, svolto in un ottimo bianco e nero, è permeato da un silenzio che si fa sconforto e rabbia davanti agli scaffali vuoti delle botteghe statali e delle farmacie. Negli espositori deserti solo qualche prodotto, dalla confezione povera e talvolta improvvisata. Per i cubani l’alternativa è acquistare presso i nuovi negozi statali che vendono prodotti importati a prezzi sproporzionati per mezzo della tessera prepagata “tarjeta”, ricaricabile solo in dollari presso le banche.
Il lavoro mette bene in evidenza il graduale decadimento dell’ideale di Castro secondo il quale l’intero popolo doveva aver egual diritto a tre cose fondamentali: cibo in quantità sufficiente, una buona sanità e l’istruzione per tutti. Ad oggi purtroppo solo le biblioteche sono piene di libri, ma vuote di persone.
Questa tragica situazione inizia nel 1961 quando gli Stati Uniti, in risposta alla nazionalizzazione di alcune imprese avviate sull’isola, decretarono un embargo totale nei confronti di Cuba che si trovò a dover dipendere economicamente dall’Unione Sovietica. Un precario equilibrio che andrà in crisi nei primi anni Novanta a seguito del collasso dell’Unione Sovietica e del blocco economico del Comecon.
Nonostante l’Assemblea Generale dell’ONU si sia espressa dal 1992 ben trenta volte per la cessazione dell’embargo Stati Uniti – Cuba, ad oggi le sanzioni nei confronti degli abitanti dell’isola si sono attenuate solo in modo poco significativo.