Cosa c'รจ di vivo
Testo di Vincenzo Gerbasi
Il portfolio fotografico presentato da Teresa Bucca è un viaggio visivo che fa tappa in luoghi reali, attraverso portali immaginari di un universo onirico, dove la lotta tra il bene e il male non ha mai fine. Il risultato di un lavoro lungo, condotto con pazienza e dedizione, con l’obiettivo di rappresentare qualcosa di complesso e inafferrabile ai limiti dell’impossibile.
Ad essere indagato è il mondo esoterico e ricco di suggestioni della permanenza del magico nelle regioni del Sud Italia. Un nucleo vivo e sfuggente, fatto di realtà che sembrano sospese, approcciato nel continuo tentativo di catturare l’invisibile, di svelare quell’aura di mistero che, ancora intatta, aleggia su culture e luoghi spesso dimenticati.
La ricerca tocca non solo le credenze popolari, le leggende e le superstizioni, ma anche l’interazione tra il mito e il quotidiano, tra il sacro e il profano che si intrecciano nella vita contemporanea delle comunità del Sud.
Dall’opera dell’autrice traspare l’intenzione di dare un volto al mistero inafferrabile che di volta in volta viene affrontato nelle sue varie forme. Partendo dalla sinossi, ogni singolo scatto va vissuto come storia a sé stante, frutto di un accurato studio sull’argomento trattato oltre che di un’interessante elaborazione di pensiero mirata all’interpretazione personale dei significati nascosti.
L’autrice pone particolare attenzione su uno degli aspetti più singolari della complessità sociale di questi luoghi: il fascino delle tradizioni che convive con le sfide moderne, come lo spopolamento e la mancanza di opportunità, e la collezione di antichi riti e credenze che persiste, quasi sotto forma di rifugio, in una società sempre più razionale. Città e paesi sospesi nel tempo, dove miti e leggende hanno ancora il potere di modellare la realtà.
Simboli e atmosfere al confine dell’immaginario, compongono il medium ideale per suggerire quel salto temporale verso una dimensione altra, avvolgono e confondono i segni del reale, che resta ancorato alla storia trattata spesso solo attraverso il luogo fisico fotografato. Voler indagare fotograficamente le usanze e le narrazioni magiche ancora pulsanti in quelle aree del meridione in cui la modernità sembra aver perso la sua presa, non è solo un atto coraggioso, ma è anche una scelta significativa che si inserisce in una tradizione consolidata di più ampia esplorazione di un patrimonio culturale antico e affascinante.
Inevitabile il riferimento al celebre saggio Sud e Magia (1959), dell’insigne antropologo ed etnologo Ernesto De Martino, che sembra porsi la stessa domanda dell’autrice: «Per quale ragione in una terra profondamente cattolica, che per di più ha dato i natali a grandi figure dell’Illuminismo italiano, permangono manifestazioni irrazionali e pagane quali quelle magiche?».
La risposta, probabilmente, sta nel prendere atto che paganesimo, cattolicesimo e illuminismo sono tre elementi che non possono essere separati, poiché costituiscono il vero e irrinunciabile substrato di tutta la cultura del Mezzogiorno: ciò che c’è di vivo.