Moderno Prometeo
Testo di Isabella Tholozan
Il complesso dei miti, delle narrazioni fantastiche e tradizionali tramandate fino a noi entrano da sempre nelle espressioni artistiche, proliferando in infinite riletture ed adattamenti. Gesta compiute da figure divine, esseri mitici, si insinuano attraverso immaginari comuni nelle speculazioni di pensiero che precedono la creazione di opere che vogliono dare una rilettura ai diversi aspetti della realtà.
Stefano Corsini, nel suo “Moderno Prometeo”, mette in atto un processo creativo che attinge alla Mitologia Greca; lo fa attraversando le visioni letterarie di Mary Shelley la quale, nel suo romanzo “Frankenstein o il moderno Prometeo”, rivisita la leggenda del Titano creatore dell’umanità e del progresso, che rubò e pagò a caro prezzo il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini. La rilettura dell’autore avviene attraverso le gesta dello scienziato Victor Frankenstein, padre anch’esso della Creatura, simbolo della scienza che supera i limiti tra vita e morte. Così come nella mitologia greca, dove Prometeo forgia gli individui a partire dal fuoco e dal fango, o “impastando l’acqua piovana” come riferì Ovidio, Victor Frankenstein plasmò la sua creatura a sua somiglianza attraverso l’uso e l’abuso delle conoscenze scientifiche. Il risultato finale, noto a tutti, sarà una drammatica e sanguinosa ribellione. “Ma dentro la creatura c’è molto di più” dice Stefano Corsini; partendo dal mito lo reinterpreta attraverso una proiezione più moderna del “mostro”, diventato tale a causa del rifiuto da parte della società: “Un reietto braccato da tutti perché diverso”.
Forse è la paura la protagonista di quest’opera fotografica che si sviluppa in dodici immagini in cui alla fotografia si sovrappongono diverse contaminazioni artistiche a suggello di concetti puramente astratti e, proprio per questo, bisognosi di una sintesi capace di generare nell’osservatore emozioni e curiosità. La costruzione messa in atto dall’autore ha molte affinità con le creazioni mitologica e letterale.
Così come Prometeo e Frankenstein, la nascita del “Moderno Prometeo” ha bisogno di materia tangibile, necessaria a dare forma tridimensionale ad una fotografia per natura bidimensionale. Gli interventi manuali applicati sulle singole Polaroid, arricchiscono di materia e di patos le rappresentazioni fotografiche, incidendo su di esse tagli devastanti, successivamente ricuciti manualmente, a ricreare le famose “cicatrici”. Segni che si trasformano abbandonando la loro natura per diventare altro, ricuciture, riparazioni, riappacificazioni.
Il mostro viene smembrato per poi essere riassemblato in un modello che ne copia altri, più solenni, raffinati, colti. Ma Corsini non si ferma qui, vuole andare oltre, scendere in profondità ed attraversare la superficie della pelle, scendere oltre i muscoli, andare alla ricerca di organi preziosi: il cervello, il cuore. Là dove si celano il pensiero ed i sentimenti, dove si da vita non solo al vivere biologico, dove si fa la differenza tra uomo e mostro. Ed è così che il processo dell’opera trova compimento, cercando di dare conferma all’iniziale concetto: dentro la creatura c’è molto di più. Ci siamo forse noi tutti dentro questo essere? È questa la domanda che viene fatta all’osservatore attento, capace di andare al di là della sola emozione superficiale, per cercare nelle immagini proposte un motivo per ritrovarsi, scoprirsi e forse, perdonare, non solo noi stessi, ma tutta l’umanità, riuscendo così a comprendere quanto poco basti affinché ci si trasformi in reietti isolati dal mondo e dai nostri simili.